COLORI PER RIFLETTERE SUL COLORE

di Claudio Cerritelli

La pittura di Aurelio Sartorio è ricerca strutturalmente rigorosa e, al tempo stesso, aperta a scoperte intuitive che interferiscono con i principi costruttivi del colore, superando le metodologie razionali attraverso tensioni percettive instabili, cangianti, mai rassicuranti.

Le ragioni teoriche del “pensare pittura” non prevalgono sul flusso degli equilibri sperimentati nell’atto del dipingere, gli esiti di ogni opera sono dunque una continua verifica di relazioni tra spazio e colore, tra il formato della superficie e l’intensità delle velature, tra il pieno e il vuoto delle cosiddette rigature, nonché all’interno degli spostamenti ritmici degli spazi intermedi.
Rispetto alle posizioni radicali della “pittura costruttiva” Sartorio gioca sulle contraddizioni interne alle regole preliminari, indaga i diversi momenti di stabilizzazione della luce totale, coglie l’armonia delle tonalità attraverso un esercizio problematico, percorso da sottili variazioni, minimamente visibili.

La scelta di una griglia ortogonale di base ( i formati preferiti sono quadrati e rettangoli) comporta un processo di lavoro che si muove da una regola empirica per sviluppare tensioni intuitive all’interno dell’ordine stabilito. Non si riscontra mai l’osservanza di principi matematici, l’immagine è controllata per via di equilibri asimmetrici sospesi tra molteplici gradazioni cromatiche.

Sartorio inventa infatti colori strani, pesi luminosi diversi a seconda della grandezza, realizza “colori non puri” che nascono dalla congiunzione di dualità luminose, luci che stanno tra il rosso e il lilla, tra il blu e il verde, tra il bianco e l’azzurro, solo per fare alcuni esempi. L’artista esplora zone di confine tra identità che si modificano in un’altra essenza cromatica, in una nuova regola che risulta dall’evento dialettico del colore, questa è la sfida specifica che permette di cogliere effetti inconsueti di luce, dissonanze e differenze, bagliori e luminescenze senza referenti. Il fatto è che Sartorio predilige la trasversalità, non si affida ai cromatismi convenzionali, preferisce giocare sull’ambiguità visiva dei colori che oscillano sul crinale dello sguardo, non a caso è attratto da quella vena di pazzia che anima la pittura dei manieristi, capace di far nascere un “nuovo colore” attraverso filtri di luce non naturalistica.

Pittura intima, drammatica, solitaria e pacata, si legge in un appunto di lavoro di Sartorio, queste definizioni inquiete del dipingere ne accrescono la forza, rivelano un pathos che non esclude le sfumature emozionali del soggetto.

Nelle opere scelte per questa mostra i colori sono forti e contrastanti, gli accordi strutturali si modificano attraverso calcolate mutazioni di tono, la fusione delle varie parti è sempre in bilico tra valori luminosi freddi e caldi, eterne antinomie della luce non sempre prevedibili nella sintesi dell’immagine. Proprio per questo, Sartorio concepisce la pittura come una disciplina velata da segrete tentazioni oltre la soglia del visibile, un’arte che non cede alle lusinghe della geometria e inventa colori per riflettere sul colore.

Claudio Cerritelli per la Mostra alla Galleria Miralli di Viterbo

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