APPUNTI E CONTRAPPUNTI

Di Aurelio Sartorio

La scelta del formato è il primo atto creativo del dipingere. È una decisione molto importante perché l’organizzazione dello spazio interno al quadro è in stretta relazione con la forma e la dimensione del supporto (la stessa tela rettangolare collocata in orizzontale o in verticale darà origine a due quadri molto diversi) (...). Le righe creano la struttura, la “norma” del quadro; i colori la confermano o la contraddicono.

Il dipingere procede attraverso un processo dialettico, in un susseguirsi di tesi e antitesi che approdano alla sintesi del quadro finito. Prediligo i colori visivamente ambigui, che attivano l’intelligenza percettiva di chi guarda (azzurro-grigio, azzurro-lilla, lilla -rosa giallo-verde ecc.), quelli non convenzionali, i molto scuri (a prima vista neri in realtà verdi, blu, viola o bordeaux), o molto chiari (i quasi bianchi).

Taglio i colori puri abbassando o sporcando la tonalità con altri colori o desaturandoli con il bianco. Dedico molto tempo alla ricerca cromatica e spesso il compimento di un quadro avviene variando di pochissimo il valore tonale di un colore. Gli accostamenti azzardati e dissonanti enfatizzano il carattere indeterminato e cangiante delle cromie rendendole vibranti, innescando una sollecitazione percettiva della mente che contraddice ciò che l’occhio vede.

Uso il bianco (i bianchi) come un colore non come assenza o vuoto (...). I miei quadri non sono progettati, non eseguo bozzetti o simulazioni; quello che decido prima di cominciare un lavoro è la dimensione e la forma del supporto.

Comincio a dipingere con un approccio molto libero, non so ancora in quale direzione andrò. La prima fase del lavoro è anarchica, liberatoria, uso i colori che ho a portata di mano o ne preparo di nuovi, sperimentando miscele e tonalità, senza curarmi della “qualità” della pittura, non mi interessano le conseguenze di ciò che dipingo. È un momento sperimentale e frenetico, cerco di interrompere il flusso del pensiero e lavoro quasi a caso. Riconosco e rincorro: citazioni, associazioni, ricordi, fantasmi, idee, suggestioni che poi scompaiono. Questa è anche la circostanza in cui “scopro” colori, accostamenti e organizzazioni dello spazio/colore che razionalmente forse non avrei mai considerato.

Gradualmente recupero il controllo del pensare/dipingere e comincia un dialogo tra me e il quadro. Di solito cerco una struttura /colore che dia il “la” al dipinto, poi comincia la costruzione: aggiungo, sovrappongo, ripeto, cambio, sposto, sommo, sottraggo, elimino strutture e colori da prima più liberamente, poi quando il quadro prende una direzione precisa l’intervento si fa sempre più più meditato (...).

Gli interventi diventano via via sempre più precisi e meditati, la struttura si stabilizza, le parti che non hanno più senso vengono sacrificate anche se sono costate giorni di lavoro; in realtà non sono perse, restano percepibili “sottopelle” e contribuiscono a formare il corpo e la memoria di una materia/pittura con una qualità tattile che il quadro altrimenti non potrebbe avere. Struttura e colore si fondono definitivamente. Comincia la fase di “ricerca dell’accordo”; la messa a punto delle tonalità, della saturazione e temperatura delle varie tinte, un lavorio di pesi e contrappesi, dove variazioni anche minime possono cambiare completamente la percezione e il valore di colori così aleatori. Il giusto tono, il punto di equilibrio dinamico fa convivere istanze apparentemente inconciliabili, dunque risolvere il quadro.

Aurelio Sartorio, articolo pubblicato sulla rivista "META"

Nessun commento: